JAGO in «Othello» III.

Atto I, Scena III 

Jago solo. 

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JAGO: E così, o stolto, ne farai me ricco. Follia sarebbe profanar la mia esperienza, questo tesoro di cui vo fornito, per un tale idiota, senza diletto o profìtto. Abborro il Moro, chè voce andò per Venezia ch’ei riempisse gli ufficii miei fra le coltri del mio letto; e sebbene ignori la verità di tal voce, pure il sospetto m’è bastante, onde operare come opererei per la certezza del fatto. — Ei mi stima..... ciò farà che potrò ingannarlo meglio. — Cassio è l’uomo che mi abbisogna..... Vediamo appresso..... Ottenere il suo posto, e dar pieno sfogo alle mie vendette. Doppia astuzia..... ma qual modo?.... Esaminiamo di sangue freddo. Fra qualche tempo insinuare all’orecchio ingannato del Moro, che Cassio usa modi troppo familiari colla sua donna..... Cassio ha un’avvenenza, una venustà che accrediteranno il sospetto: tale egli è da rendere le donne infedeli..... Il Moro è per natura schietto ed aperto; facile a credere onesti gli uomini, dacchè si dànno la briga di parerlo; onde si lascierà guidare sull’orlo della fossa senza opposizione, come lo stupido giumento obbedisce alla mano che lo regge. È trovato..... la tela è ordita..... l’inferno e la notte faran germogliare alla luce questo frutto mostruoso. (esce)

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