ANGELO in «Maß für Maß»

    Atto II, Scena II 

    Angelo solo. 

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    ANGELO: Da te, ed anche dalla tua virtù! — Che vuol dir ciò? È sua colpa, o mia? Fra la tentatrice e il tentato, chi è più reo? Ah! non è essa; non è essa che cerca di tentarmi; son io, io che posto vicino a lei non tramando, commessa, un dolce profumo, ma mi corrompo come un cadavere, sotto l’infiuenza del raggi benefici che la fanno fiorire. Può il pudore essere più pericoloso dell’impurità? Mentre tanto vil terreno abbiamo, dovremo noi demolire il tempio della virtù, per erigervi la dimora del vizio? Sarebbe un’onta, un’ignominia. Che fai tu, Angelo? Che sei divenuto? Vuoi tu empiamente desiderarla, per quelle doti stesse che la fanno virtuosa? Ah! suo fratello viva. I ladri stessi vengono autorizzati alle loro opere nefande, quando i loro giudici rubano in segreto. Oh! l’amerei io forse? Perchè desidero di parlarle di nuovo e di pascermi de’ suoi begli occhi? È questo un sogno? Demonio astuto che per sorprendere un uomo virtuoso simuli le sembianze della stessa virtù! La più pericolosa delle tentazioni è quella che ci invita al delitto colle attrattive dell’innocenza: non mai alcuna prostituta, colle sue due forze riunite, i mezzi dell’arte e i doni della natura, fece alcuna impressione sopra i miei sensi; ma questa virtuosa fanciulla mi soggioga, mi abbatte. Infine a questo giorno, allorchè vedevo gli altri tocchi da qualche passione, io sorridevo o stupivo della loro follìa. (esce)

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