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Atto IV, Scena II
Desdemona e Jago.
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DESDEMONA: O buon Jago, che farò io per rientrare nella grazia del mio sposo? Buon amico, vanne a lui; perchè, per questo spirabile lume di cielo, non so come abbia potuto demeritare del suo amore. Vedi: qui m’inginocchio; e se nelle mie azioni, ne’ miei discorsi, o ne’ miei pensieri; se mai la mia volontà peccò contro i miei voti; se mai i miei occhi, le mie orecchie, o alcun altro dei miei sensi rimasero affascinati da altri, che da lui; e se vero non è ch’io l’amo ancora, che sempre l’ho amato, che sempre lo amerò teneramente, dovess’egli ancora ripudiarmi e far di me la donna più sventurata, santa Consolazione, abbandonami, nè mai più ritornare a me! Le scortesie di uno sposo hanno un crudele potere; e le sue scortesie possono bensì distruggere la mia vita, ma non contaminar la mia fede. Rabbrividisco a ripeter quella parola d’impudica! È parola che mi fa orrore; tutti i vani tesori del mondo non potrebbero indurmi a commetter l’opera che di quel nome mi renderebbe degna.